mercoledì 23 aprile 2014

Le tecnologie dell’io (5): il modo delle relazioni come nuovo paradigma culturale

Ho terminato l'articolo precedente appellandomi al sistema tradizionale della cultura affinché accetti senza pregiudizi e soprattutto senza snobismo il confronto con le tecnologie dell'io (di cui ho parlato anche qui, quo e qua). Ora, intendo individuare quali sono i contenuti di questo confronto. 


Destinatari autori 

Da un lato, abbiamo il sistema culturale, che tutela l’evoluzione della tradizione scientifica (in senso lato) e lo sviluppo della creatività in riferimento alle estetiche, per cui potrebbe rifiutare di pubblicare una poesia scritta come ai tempi di Petrarca o non riconoscerebbe arte in una regia parrocchiale di una tragedia di Shakespeare. 


Dall'altro, abbiamo le tecnologie dell'io, che danno spazio agli scarti del sistema culturale (tra i quali vi sono cose importanti che talvolta riescono a emergere), e favoriscono il dibattito, in particolare tra persone non addette ai lavori secondo i canoni della tradizione culturale. La partecipazione a questi dibattiti è globale: potenzialmente è infinito il numero dei partecipanti, che propongo di chiamare i discussant, ognuno di essi con la sua brava ambizione a dire e a pensare che quel che ha da dire sia importante, giusto, originale. 

Questo è il punto di incontro: la cultura tradizionale deve, a mio avviso, occuparsi seriamente e - ripeto - senza pregiudizi e senza snobismo, di milioni di persone che discutono di qualcosa. 

Finora, il sistema tradizionale della cultura ha considerato queste persone come i destinatari dei contenuti validati dal sistema culturale: studenti, lettori, non lettori da colpevolizzare, analfabeti da educare e analfabeti di ritorno da deplorare, magari addossando la responsabilità alla televisione.
Questo rassicurante muro di protezione del privilegio del dire rischia di crollare. La pertinenza, la rilevanza, la qualità del contenuto è ormai soggetta a un giudizio democratico, sostenuto cioè dai numeri. Se la maggioranza sostiene uno scarto o addirittura la poltiglia, hai voglia a richiamarti alla tradizione. 

O dimostri o perdi. 

L’auctoritas è ormai contendibile, e l’arena sono le tecnologie dell’io, dove agiscono milioni di Renzi Tramaglini ormai alfabetizzati e per nulla disposti a subire, dopo aver conseguito il loro bravo titolo di studio (quale che sia), l’arroganza dell’intellettuale, del suo latinorum e della sua spocchiosa predicazione. 

O dimostri o perdi.



Il contenuto è la conversazione 

Il dato fondamentale è che la comunicazione, voglio dire proprio il fatto di comunicare, ha trasformato il destinatario in interlocutore e, potenzialmente, in autore. E questo interlocutore non è in soggezione. Le tecnologie dell’io sono il suo territorio, e sono fatte apposta per non dare niente per scontato, in particolare lo status di intellettuale pataccato. La cultura tradizionale deve dunque considerare che la comunicazione o, meglio, la conversazione scritta è divenuta ormai un contenuto culturale in se stessa in quanto:
  • esiste;
  • produce fatturato;
  • genera relazioni;
  • realizza un nuovo modello sociale, il primo dai tempi della Rivoluzione russa;
  • giudica i contenuti e ne produce.
Il dato più evidente, oserei dire incontrovertibile, è che le tecnologie dell'io realizzano e soddisfano (almeno fino a un certo punto) il bisogno e il piacere che il popolo del web ha di comunicare. Comunicare in pubblico e con gente anche sconosciuta. Comunicare in modo interattivo. Per meglio dire: il bisogno e il piacere di conversare e di lasciare traccia di questa conversazione. 

Per come ragiona il sistema tradizionale della cultura, questo dato è però irrilevante. Esempio. Se tre o tremila studenti di liceo discutono di Dante, il loro pensiero è, quasi per definizione, irrilevante per il sistema tradizionale della cultura, che si limita a rilevare, con indubbio compiacimento, che ci sono studenti che si appassionano a Dante. Altro esempio, di carattere politico: se tre commercianti discutono di fisco, un economista potrà guardare a quella discussione con il distacco di colui che misura la giustezza dei suoi modelli con il gradimento che essi hanno presso... le vittime del sistema economico. 

Fino a quando il sistema della cultura tradizionale ragionerà così, sarà, e andrà sempre più clamorosamente, fuori strada. Infatti, il valore delle tecnologie dell'io non è quello di elaborare e fornire una nuova interpretazione di Dante o un nuovo modello fiscale vantaggioso per i commercianti (anche se non si può escludere a priori che questi contenuti possano essere prodotti), bensì quello - lo ripeto a rischio di ammazzare di noia il lettore - di permettere alla gente di discutere in pubblico e per iscritto di quelle cose. 

Entriamo nel merito di queste conversazioni.


Una nuova grammatica 

Cominciamo da una constatazione: le conversazioni scritte nelle tecnologie dell'io non sono sempre, anzi quasi mai, scritte a rigor di grammatica, e dunque non è sensato analizzarle secondo criteri sintattico-semantici. D’altra parte, i discussant non si lamentano delle ‘licenze’ grammaticali (lo fanno quei pochi pedanti che non hanno capito niente, o i troll che stanno andando deliberatamente Off Topic/OT), perché hanno intuito che nelle tecnologie dell’io si realizza una ‘grammatica’ particolare. Il problema che questa ‘grammatica’ pone è che genera incomprensione, non che sia scorretta. E i discussant infatti hanno intuito che l’incomprensione non ha a che fare con la scarsa cura formale. E hanno ragionissima: infatti, una scrittura grammaticalmente corretta non garantisce affatto la comprensibilità.

Se la ‘grammatica’ delle tecnologie dell’io genera incomprensione non è dunque per la scarsa cura grammaticale, ma perché questa nuova ‘grammatica’ tiene insieme alcuni tratti tipici della scrittura e alcuni tratti tipici della comunicazione orale, come Ida Tucci e io abbiamo evidenziato in un altro articolo (che a sua volta è l'anticipazione di uno studio in attesa di pubblicazione). Tucci e io abbiamo dunque cominciato a porre il problema delle regole di questa grammatica. I discussant fanno esperienza tutti i giorni di quanto queste regole siano necessarie: si eviterebbero incomprensioni e le conversazioni sarebbero molto più piacevoli e costruttive. Purtroppo, però, non è semplice governare questa nuova grammatica, anche perché non è nota e non è nemmeno completa. 


Gli atteggiamenti 

Sintetizzando quel che Ida e io abbiamo visto, il meccanismo è il seguente: io leggo il post iniziale di un thread e ne ricavo un'emozione. Questa emozione genera il mio atteggiamento nei confronti del post; l’atteggiamento, a sua volta, in primo luogo seleziona il contenuto e in secondo luogo determina la forma che il contenuto assume. L’atteggiamento è dunque il motore fondamentale delle conversazioni scritte. Gli atteggiamenti che abbiamo individuato sono tre:
  1. accettazione della conversazione
  2. dubbio, relativo alle premesse
  3. pregiudizio, ovviamente di negazione.
L’atteggiamento verso la conversazione viene generato, nell’ordine, dal MODO con cui l’AUTORE del post iniziale, che propongo di chiamare prime mover, propone l’ARGOMENTO. L’argomento non è rilevante o, meglio, lo diviene se il prime mover, che è conosciuto dai discussant, riesce a porgerlo in modo interessante. Chiunque può verificare nella sua esperienza che questo è un meccanismo frequentissimo: nessuno interviene in tutti i post di tutti gli amici. L’autore dunque non è selettivo. L’argomento neppure, perché lo stesso argomento potrebbe essere proposto da più prime mover e un discussant non partecipa a tutte le conversazioni. Selettivo è il modo. 

Per ‘modo’, intendo la sintesi di molti aspetti, tra i quali, per esempio:
  • un invito più o meno esplicito alla discussione;
  • la dichiarazione più o meno chiara dello scopo della discussione;
  • la presenza o l’assenza della tesi del prime mover su quell’argomento;
  • la presenza di tutte le informazioni necessarie, o la ridondanza o la mancanza.
Date le scelte che il prime mover compie, il suo post può:
  • essere giudicato non meritevole di discussione;
  • generare una partecipazione secondo i tre atteggiamenti che ho definito prima.
La conversazione si sviluppa quindi tra discussant che, dato il post iniziale, possono assumere, e di fatto assumono molto spesso, atteggiamenti diversi, relativi:
  • alla loro relazione con il prime mover;
  • al loro grado di coinvolgimento per l’argomento;
  • al loro repertorio di cose da dire sull’argomento.

L’atteggiamento seleziona il contenuto 

Così come il modo del post iniziale genera l’atteggiamento, l’atteggiamento, che a sua volta è un modo, genera il contenuto, innanzitutto selezionandolo. L’atteggiamento è dunque il criterio di selezione del contenuto. Per esempio, se il modo con cui il prime mover ha posto quell’argomento è tale da generare il mio consenso, io seleziono un contenuto adatto a esprimerlo.

Per quanto non vi sia una regola né un limite tecnico, la tendenza consolidata (ma ci sono molte eccezioni), che risponde a un tacito accordo di rispetto reciproco, è che i commenti non sono molto lunghi. Dunque, il contenuto di ogni singolo commento non è di fatto molto articolato e, di conseguenza, non aspira a rappresentare compiutamente il pensiero del discussant (ma solo, appunto, a rappresentare sinteticamente il suo atteggiamento). In moltissimi casi, il discussant seleziona un solo argomento, quello che rappresenta meglio il suo atteggiamento. Il discussant si autolimita e rimanda a un eventuale intervento successivo l’approfondimento del suo pensiero, se tale approfondimento sarà pertinente con lo sviluppo della conversazione. 

Ogni singolo commento interagisce infatti con il post iniziale e con i post degli altri discussant, sicché il prodotto della conversazione è opera di tutti i discussant. Naturalmente, non tutti i contenuti contribuiscono con la medesima pertinenza e rilevanza, e anzi vi sono spesso contenuti non pertinenti (OT). In ogni caso, tutti gli interventi svolgono un ruolo di condizionamento della discussione, soprattutto quando essa non viene moderata dal prime mover o dall’amministratore del gruppo (ciò si verifica quando il prime mover lancia il suo post non nel suo spazio personale ma all’interno di gruppi organizzati).

Ora, se tutto ciò è vero (e non dico che lo sia, dico solo che questo è il risultato a cui sono giunto), la cultura tradizionale dovrà confrontarsi con l'emersione degli atteggiamenti delle persone. I quali:
  • hanno voce;
  • sono misurabili;
  • sono la scaturigine degli argomenti più immediatamente rappresentativi degli atteggiamenti.

Il prodotto è il movimento dei modi 

I contenuti sono dunque la rappresentazione di stati emotivi, e solo in quanto funzione degli stati emotivi diventano rilevanti per il discussant, tanto da essere selezionati e pubblicati. La razionalità, che è uno dei paradigmi principali di elaborazione della cultura tradizionale e di giudizio sui contenuti culturali e artistici, è sotto scacco e a poco mi pare che potranno valere obiezioni che imputano alle conversazioni scritte di essere superficiali in quanto orfane di un controllo razionale sulla selezione degli argomenti e sulla loro organizzazione e verbalizzazione.

Il nuovo paradigma è centrato sui modi delle relazioni. Il modo del prime mover di porre il suo argomento e il modo della reazione dei discussant. La forma, anche nel senso della buona educazione, ha preso ormai il sopravvento sul contenuto, sia esso un contributo geniale, oppure uno scarto comunque interessante oppure il magma lievitante della poltiglia.


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