giovedì 11 giugno 2015

L'ora di alternativa è l'ora di religione

In questo articolo, vorrei sintetizzare una serie di esperienze sull'ora cosiddetta di alternativa che sono accadute in varie scuole elementari, tra cui quella di mia figlia (Milano). Lo scopo è quello di mostrare come vanno le cose su una questione di cui si parla poco, perché sono in pochi ad aver qualcosa da dire. Pochi non perché intelligentoni, ma semplicemente perché pochi. Sono talmente pochi, che non varrebbe per loro nemmeno la pena di parlare: una minuscola sparuta minoranza che non aspira a crescere di numero. Il fatto è però che di mezzo ci sono i figli, e il concetto di laicità della nostra società: due cose che riguardano il futuro. Dico quello di tutti. Nell'articolo, anche una modesta proposta: rimuovere il crocefisso dalle aule di alternativa (se ce l'hanno).

La Costituzione e il Concordato

La nostra Costituzione, all'art. 7 (approvato con il voto favorevole di democristiani, comunisti e qualunquisti; e con il voto contrario di socialisti, azionisti e liberali), demanda ai Patti Lateranensi del 1929, poi aggiornati da Bettino Craxi nel 1984, i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica. Il testo del 1984 dice:

La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principî del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. (1)


Qui, si commette un errore terminologico: "religione cattolica" non è corretto. Quella cattolica, come quella ortodossa, valdese, anglicana, luterana ecc., è una confessione (la Costituzione non erra su questo punto), essendo il cristianesimo la religione, come religioni sono anche l'islamismo, l'ebraismo ecc. Varrà poi la pena di notare che il significato etimologico di 'cattolico' è 'universale'. Ad ogni modo, mentre è perdonabile che nel discorso comune si usi 'religione' invece di 'confessione', perché è un termine più comodo e non polisemico (= che ha più significati), in un testo ufficiale non è perdonabile.

Non è perdonabile anche perché non è una svista, né un vezzo. Quel che accade è che l'ora di religione non è l'ora di religione, ma l'ora della "religione cattolica". Tanto è vero che, nel Protocollo addizionale del Concordato, si legge:

L'insegnamento della religione cattolica [...] è impartito - in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni - da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica, nominati, d'intesa con essa, dall'autorità scolastica. Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall'insegnante di classe, riconosciuto idoneo dall'autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo. (2)

Gli insegnanti di alternativa

Frequentare l'ora di religione non è obbligatorio. Ce ne si può "avvalere" oppure no. In ogni caso, la scuola è obbligata a garantire l'ora di religione e l'ora per coloro che non intendono "avvalersene", per i quali è prevista l'ora di alternativa o, più propriamente, di "attività didattiche e formative" (formulazione che non distingue questa ora da tutte le altre). Costoro possono anche optare per passare questa ora studiando, ripassando le materie normali. In entrambi questi casi, hanno diritto a un'aula adeguata e a un insegnante (alle superiori, possono anche studiare da soli). Per non far mancare nulla nella vita a chi non desidera l'ora di religione, c'è anche la possibilità di uscire dalla scuola, mentre i compagni imparano a distinguere il bene dal male.

Naturalmente quest'ultimo passaggio si regge sul presupposto che l'ora di religione (che nella scuola elementare sono due) sia attivata. Non essendo obbligatoria è pur sempre possibile che nessuno se ne "avvalga". In questo caso, niente ora di religione. E allora: tutti all'ora di alternativa? oppure un'ora in meno? Non so se vi siano stati casi così nella scuola elementare (mentre ce ne sono nelle superiori), ma qualcosa mi dice di no. Tanto più che, a quanto leggo su pressione della Conferenza Episcopale Italiana, l'ora di religione viene collocata fra altre lezioni, in modo da rendere difficile, scomoda e costosa l'uscita temporanea dei bambini che non la frequentano. Dunque, tutti dentro, di qua o di là.

Dentro, ma con chi? Gli 'alternativi' con un insegnante, anche a caso e senza garanzia di continuità da un anno all'altro: uno specializzato (in cosa?) assunto appositamente (con quali soldi?), quello di classe, uno di un'altra classe, uno di sostegno, secondo la pianta organica della scuola. Capita spesso, dato lo stato miserevole dell'organizzazione scolastica a livello distrettuale, che questo insegnante non sia disponibile all'inizio dell'anno, e dunque capita che i bimbi, in attesa, debbano frequentare l'ora di religione per qualche settimana.

Gli insegnanti di religione

Se i bimbi 'alternativi' si trovano in questa situazione, i 'religiosi' hanno un loro insegnante, scelto dalla Curia Vescovile (il cui giudizio è insindacabile), pagato dal Ministero (la spesa per gli oltre 26 mila insegnanti di religione, che sono contro-tendenzialmente in aumento, è di circa 1,2 milioni di Euro). L'insegnante di religione viene confermato dalla Curia di anno in anno. E' dunque un precario, ma solo per la Curia. Infatti, nel 2004 il Ministro Fioroni ha reso obbligatorio il concorso (prima del 2004, gli insegnanti di religione divenivano dipendenti pubblici senza concorso). Ma solo il 70% circa degli insegnanti di religione entra per concorso, con un duplice effetto. Il primo è 'sindacale': se la Curia leva loro la licenza, non perdono il posto e forse nemmeno lo stipendio. Il secondo è 'clericale': il restante 30% viene scelto direttamente dalla Curia, concorso o non concorso quella quota entra. Il 100% degli insegnanti di religione deve essere in possesso di un titolo di studio rilasciato dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Pochi, all'ora di alternativa

Può capitare e di fatto capita che moltissimi bambini, i cui genitori sono religiosi ma di altre religioni, frequentano, in base chissà a quale ragionamento dei loro genitori, l'ora di religione della confessione cattolica. In base chissà a quale ragionamento, ma anche in base a chissà quali informazioni.

Capita infatti che l'insegnante di religione, tramite naturalmente l'insegnante di classe, chieda un colloquio con il genitore 'alternativo'. In questo colloquio, improntato alla massima "onestà intellettuale", l'insegnante di religione illustra al genitore 'alternativo' il programma "ecumenico e storico-sociale" che intende svolgere. Più esplicitamente, afferma poi che in realtà, durante la 'sua' ora di religione, non si parlerà tanto di cattolicesimo, ma si farà un equilibrato confronto con le altre religioni. Che si parlerà della storia delle religioni (materia che, data la sua notoria banalità, in Italia si insegna, oltre che alle elementari, solo in qualche università), dei luoghi geografici dove sono sorte le principali religioni eccetera. C'è chi, magari per sentirsi meglio integrato in una società che non è la sua e che non lo ama, apprezza il gesto, accetta il programma e manda il suo piccolo islamico/induista/buddista ecc. all'ora della confessione cattolica.

Capita di conseguenza che il gruppo di 'alternativi' sia molto esiguo: uno?, due?, tre? bambini su venticinque, per esempio. Capita di conseguenza che, non disponendo la scuola d'oggidì di grandi pentole d'oro, la direzione scolastica li faccia confluire in uno stesso gruppo, così da pagare un solo insegnante. La soluzione non sarebbe nemmeno malaccio, sennonché:
  • non tutti i genitori scelgono per i loro figli la stessa attività: alcuni infatti desiderano che nell'ora di alternativa i figli svolgano un programma specifico, oppure studino, ripassino, o svolgano la loro ora di sostegno, se ne hanno diritto;
  • non tutti i bambini dello stesso gruppo frequentano la stessa classe, sicché si trovano gruppi con bambini di quinta insieme a bambini di quarta, e così via.

I (non) programmi dell'ora di alternativa

I primi ad accorgersi che le cose non vanno bene sono gli insegnanti, che si trovano, a volte improvvisamente e a loro insaputa, a dover imbastire alla bell'e meglio un programma per un'ora che non pensavano di dover gestire. Qual è il programma? Eccolo:

La scuola [...] assicura agli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica ogni opportuna attività culturale e di studio, con l'assistenza degli insegnanti, escluse le attività curriculari comuni a tutti gli allievi. (3)


"Escluse le attività curricolari", cioè quelle dei programmi. Per esempio, un 'alternativo' non può studiare matematica o inglese, ma potrebbe fare giochi di gruppo in inglese o scrivere articoli in inglese per il giornalino scolastico o leggere stampa in lingua inglese. Queste attività vengono però spesso ostacolate, con una interpretazione restrittiva della circolare che, nella sua genericità si presta, appunto, a interpretazioni diverse. Meglio va per gli studenti delle scuole superiori, che possono proporre argomenti al Collegio dei Docenti, che potrà approvare anche quelle che riguardano le materie curricolari. In generale, infatti, potrà approvare le proposte:

particolarmente rivolte all'approfondimento di quelle parti dei programmi, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e dell'esperienza umana relativi ai valori fondamentali della vita e della convivenza civile (4)


Dato un programma, resta da chiedersi con quale continuità venga sviluppato di anno in anno, di insegnante in insegnante. L'insegnante fa quel che può. C'è chi punta su temi civili, chi su approfondimenti sull'alimentazione, chi fa leggere i classici greci, chi fa fare disegni. D'altra parte - diciamocelo - l'ora di alternativa così concepita è piuttosto lo spazio per chi dice 'no', che uno spazio per chi vuole fare altro. Tanto è vero che quando l'insegnante di religione si ammala o comunque non può tenere la lezione, niente ora di religione e per assurda conseguenza niente ora di alternativa, tutti in classe con l'insegnante di classe. E quando manca l'insegnante di alternativa? Tutti in classe con l'insegnante di classe? Certo che no: i 'religiosi' fanno religione, gli 'alternativi' hanno due alternative: stare con i compagni e l'insegnante di religione, oppure essere ospitati in altre classi tanto per far passare il tempo.

Che è un altro argomento che dimostra che il legislatore si è disinteressato delle esigenze di chi dice no all'ora di religione: faccia quel che gli pare, anche i compiti, anche niente. Per il legislatore, costui ha semplicemente una non-esigenza e dunque ha diritto di fare qualsiasi cosa. Il risultato è che la scuola, per tutelare i 'religiosi', è vuota di indicazioni per gli 'alternativi'. D'altra parte, che cosa proporre in alternativa a una non-materia come è la religione (non-materia in quanto riguarda scelte personali)? Dunque, gli insegnanti che finiscono a occuparsi dell'ora di alternativa, insegnanti che possono benissimo essere persone religiosissime (scelta personale che qui però entra in gioco), fanno quello che gli viene in mente, che sia compatibile con la non-religione e che d'altro canto non sia un insegnamento che darebbe un vantaggio curricolare agli 'alternativi' rispetto ai 'religiosi'.

I secondi ad accorgersi che le cose non vanno bene sono i bambini. I terzi sono i genitori. I quarti sono i dirigenti scolastici, ai quali i genitori scrivono chiedendo perché il programma dell'ora di alternativa è troppo facile/difficile, veloce/lento, interessante/noioso. A questo punto il problema torna all'insegnante, al quale il direttore comunica che bisogna far qualcosa. Il bravo insegnante fa quel che può: alza il livello di qui, lo abbassa di là, insomma ci mette una pezza con il mestiere, e riesce - on poo de drizz e on poo de sponda - a gestire al meglio un gruppo disomogeneo riunito nella stessa aula.

Il crocefisso nell'aula di alternativa

Nella quale aula, immancabilmente, campeggia un crocefisso. La questione meriterebbe un post a sé. Faccio notare solo una cosuccia. Che l'obbligo di appendere il crocefisso nelle scuole fu stabilito da due Regi decreti del 1924 e del  1928 (l'anno prima dei Patti Lateranensi), quando, in mancanza di una Costituzione, vigeva lo Statuto Albertino del 1848 che, all'art. 1 diceva:

 La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.

Ma la nostra Costituzione dice solo che "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Dunque, la Costituzione abolisce lo Statuto Albertino, non prevede la religione di Stato, e rende una contraddizione la presenza di un crocefisso nelle scuole. In seguito a varie vicende giudiziare che hanno coinvolto anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, il crocefisso ha mantenuto il diritto di essere esposto. Tra le varie motivazioni, quella del Consiglio di Stato del 1988 è utile ai fini della domanda che farò fra poco: "Né pare, d'altra parte, che la presenza dell'immagine del crocifisso nelle aule scolastiche possa costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa" (faccio notare il 'pare').

Ciò detto, ecco la domanda: queste motivazioni valgono anche per coloro che hanno scelto l'ora di alternativa e che dunque entrano in uno spazio che dovrebbe essere adeguato all'ora di alternativa? Al Consiglio di Stato "pare" di sì, ma a me pare di no. Parere per parere, mi tengo il mio. Fine della parentesi sul crocefisso. Torniamo alla realtà.

La gita scolastica di religione

C'è ancora da raccontare il caso della gita scolastica organizzata dall'insegnante di religione per le sue classi. Restano a scuola, per tutta la mattina o per tutto il giorno, solo gli 'alternativi'. La brava maestra di alternativa si rivolge al genitore con sguardo sommesso e gli dice: "Suo figlio già soffre un po' di doversene stare in un gruppetto disomogeneo, di dover uscire dalla classe durante l'ora di religione. Non vorrà forse evitargli la sofferenza di vedere i suoi compagni fare una gita scolastica in più? Cosa ne pensa dunque se suo figlio partecipa alla gita scolastica dei 'religiosi'". Al che il genitore risponde: "Mi aspetto che la scuola organizzi una gita alternativa per gli 'alternativi'". La brava maestra risponde come può: "Non abbiamo le risorse". E il genitore, che già sapeva la risposta e che è ben consapevole di aver messo suo figlio in minoranza fin da piccolo, dice: "Ne parlo con mia moglie". Il caso, infatti, a questo punto, diventa psicologico.


Un disagio psicologico

I genitori sanno che ai bambini non piace affatto abbandonare la loro aula durante le ore di religione, di separarsi dai compagni e, in generale, non sempre comprendono fino in fondo perché devono eseguire quella disposizione voluta dai genitori. Gli 'alternativi' soffrono poi di spaesamento quando partecipano agli spettacolini/saggi di danza, canto, recite a tema ecc., che si svolgono in diverse circostanze, tra cui il Natale, e che sono generalmente organizzati e gestiti più o meno direttamente anche dagli insegnanti di religione.

Questo disagio non assale, o assale meno, i bimbi dell'ora di religione (che restano nella stessa aula), perché frequentano anche il Catechismo in parrocchia, perché vanno a messa, insomma perché per loro la religione, cioè la confessione cattolica, è un fatto normale. Buon per loro, naturalmente. Non sto proponendo di rovesciare a loro danno la situazione.

L'alternativa è l'ora di religione

La maggioranza vince, come è giusto che sia. Però:
  1. stiamo parlando di bambini, che in tutti i testi ufficiali che ho letto sono considerati solo in quanto "figli" e che nessuno dei testi ufficiali si preoccupa di tutelare in quanto persone (ciò vale anche per i 'religiosi'). Ricordo che il Codice Civile (art. 1) attribuisce i diritti a tutti appena nati;
  2. stiamo parlando della gestione scolastica a proposito di materie facoltative. Pertanto, i diritti della maggioranza non sono in contrasto con i diritti della minoranza;
  3. se l'ora di religione è una materia facoltativa, è anche una materia che impartisce educazione su una questione personale, qual è il rapporto tra ognuno di noi e (il suo) Dio. Nessun'altra materia affronta scelte personali, come è abbastanza ovvio che sia.
L'insieme di queste tre considerazioni può essere sintetizzato in questo modo: per garantire alla maggioranza un'ora su una non-materia, il nostro sistema scolastico non riesce a garantire alla minoranza un diritto equivalente.

Di conseguenza, lo stato subisce la pressione della maggioranza contro la minoranza in un tema dove questa pressione non dovrebbe essere esercitata. Lo stato in cui questa pressione può essere esercitata (non importa se con successo) non è uno stato laico. Lo stato laico è quello in cui chiunque può esercitare liberamente il suo culto (direi anche: a sue spese), ma nessuno debba essere costretto a subire qualche disagio per questo.

Quando invece accade che qualcuno debba subire dallo stato uno svantaggio derivato dalla pressione di una lobby religiosa, allora quello stato non è uno stato (pienamente) laico.

Siccome io credo che:
  • il fondamento della civiltà occidentale moderna sia lo stato laico;
  • potrebbe essere archiviato il concetto di stato moderno, ma non quello di laicità;
io penso che la questione dell'ora di alternativa dimostri che noi non abbiamo ancora compiuto processi culturali che altri invece hanno già compiuto (soprattutto i paesi protestanti). Per voler essere cattolici a questa maniera, siamo (non io, veramente) ancora un po' albertini e fascisti.

Dunque, dobbiamo compiere in sequenza due scelte. La prima scelta riguarda se diventare compiutamente uno stato laico o rientrare più decisamente in uno stato teocratico (modelli moderni non ne mancano, dal Vaticano ai califfati). A cascata di questa scelta, quella dell'ora di religione. Bene. Dato che io scelgo lo stato laico, in attesa che la maggioranza cattolica dia il buon esempio alle altre minoranze religiose, io, a proposito della seconda scelta, mi comporto e mi comporterò così:
  • chiamo l'ora di religione 'l'ora di boicottaggio catto-teocratico dello stato laico' (5);
  • chiamo l'ora di alternativa 'l'ora d'aria dei laici discriminati dallo stato fascio-teocratico' (6).



Note
1) Testo del Concordato del 1984.
2) Testo del Protocollo addizionale del Concordato del 1984.
3) Circolare ministeriale n. 368 del 20 dicembre 1985, art. 2.
4) Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986, allegato B.
5) Ripensamento del 13 ottobre 2015. Originariamente, avevo scritto: "l'ora di alternativa (teocratica)".
6) Ripensamento del 13 ottobre 2015. Originariamente, avevo scritto: "l'ora di normalità laica".


Nessun commento:

Posta un commento