mercoledì 15 luglio 2015

Tecnologie dell'io (9): illocuzione e intelligenza emotiva

In alcuni articoli precedenti, avevo scritto che la credibilità è contendibile nelle tecnologie dell'io. Cioè, la credibilità che uno ha acquisito al di fuori delle tecnologie dell'io non è affatto garanzia che gli basti. Anzi, se costui è tra coloro che comunicano in base al presupposto "Io ho qualcosa da dirvi", è più probabile che venga ignorato, se non osteggiato o addirittura dileggiato (dipende da quanto insiste). Ciò accade perché le tecnologie dell'io creano comunità di persone che hanno qualcosa da dirsi.

Dirsi cosa? Qualsiasi cosa (approfondimento). 'Qualsiasi cosa' significa che il contenuto non è rilevante, quando si voglia capire quale sia il quid delle tecnologie dell'io. Rilevante è come le persone che hanno qualcosa da dirsi riescano a comunicare efficacemente rispetto al loro scopo. Rilevante è il modo, non il cosa.

Di qui, il tema di questo articolo: come si fa a sapere se uno sta comunicando bene?

Due premesse:
  1. nelle tecnologie dell'io si realizzano conversazioni scritte;
  2. le conversazioni scritte non sono analizzabili a partire dal punto di vista sintattico-semantico  (approfondimento).
Le conversazioni scritte, infatti, realizzano una precisa illocuzione = intenzione comunicativa. Le intenzioni comunicative sono tante. Qualche esempio: domanda, risposta, affermazione, commento, approvazione, diniego, correzione, ordine, saluto... A pensarci bene, le conosciamo tutti o, quanto meno, le realizziamo continuamente.

Nelle tecnologie dell'io, è per esprimere quella precisa intenzione che chi interviene stabilisce quale debba essere la verbalizzazione del suo contributo informativo. In altri termini: le modalità con le quali si comunica il proprio contributo dipendono strettamente dall'intenzione comunicativa.

Posso, a questo punto, formulare la mia tesi: comunica bene chi sa comunicare bene la sua intenzione comunicativa.

Due problemi
Il primo problema di chi scrive nelle tecnologie dell'io è che trascura il fatto che la sua intenzione passa  inevitabilmente nel suo messaggio, anche a sua insaputa; oppure che crede di comunicare un'intenzione ma ne comunica un'altra.

Nel primo caso, è un problema di autocontrollo (o di comprensione della dinamica comunicativa delle tecnologie dell'io); nel secondo caso, di governo della lingua (che è qualcosa di più complesso della grammatica). In entrambi i casi, comunica qualcosa che non sapeva di comunicare, che non voleva comunicare. I risultati di queste disattenzioni/incapacità possono essere vari: viene ignorato, porta la conversazione fuori tema, scatena polemiche ecc.

Basta spesso un solo partecipante fuori tono per rovinare un intero thread (e ci sono addirittura i professionisti, i cosiddetti troll). Infatti, chi interviene, interviene indirizzandosi a qualcuno, che potrebbe essere chi ha lanciato la discussione o uno di coloro che è intervenuto commentando. Ma il suo intervento è visibile a tutti e tutti si sentono più o meno direttamente coinvolti.

Il secondo problema nell'esprimere chiaramente la propria illocuzione è dunque quello di indirizzarla chiaramente al suo destinatario (come si vede, la grammatica non c'entra).

L'intelligenza emotiva
L'intelligenza emotiva, o consapevolezza, ha solo relativamente a che fare con l'intelligenza e poco con la cultura tradizionalmente intesa. L'intelligenza emotiva è ciò che permette a chiunque, indipendentemente dagli studi fatti e non fatti, di riconoscere le proprie sensazioni e di intuire quelle altrui. L'intelligenza emotiva è, a mio parere, la premessa per un posizionamento individuale appropriato nelle conversazioni delle tecnologie dell'io.

Tra chi ha qualcosa da dirsi, è fondamentale per il buon andamento della conversazione che ognuno sappia individuare la propria posizione. Infatti, nelle conversazioni, nessuno ha delle aspettative precise su ciò che gli altri avranno da dire, ma tutti si aspettano che tutti si comportino adeguatamente rispetto allo scopo della conversazione.

Discors(ett)o sullo "state of the nation"
Le tecnologie dell'io sono uno spettacolare e ricchissimo libro sullo stato della nazione, quanto a consapevolezza, narcisismo, capacità di autocontrollo, capacità di espressione linguistica, capacità/volontà di aderire al senso e allo scopo di una conversazione. Insomma, le tecnologie dell'io ci dicono chi siamo da come comunichiamo (approfondimento su Charlie Hebdo).

Non essendo Umberto Eco, non traggo conclusioni sullo stato della nazione. Piuttosto, chiederei al lettore di verificare egli stesso, in base alla sua esperienza, come siamo messi: le tecnologie dell'io sono uno specchio. Non facilissimo da guardare.


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