Non mi pare più ovvio che:
1) ogni bambino
ha necessariamente un padre e una madre
2) un uomo può
avere figli da un numero indefinito di donne
3) una donna
può avere figli da un numero finito di uomini
4) una
volontaria esigenza di coesione è all'origine della famiglia
5) il concetto
di famiglia non implica una coppia (es. due fratelli e una sorella)
6) una famiglia
non formata da una coppia non esclude il sesso tra i componenti (es. incesto
tra fratelli)
7) il concetto
di famiglia resiste in assenza di figli
8) il concetto
di famiglia include i figli di parenti e amici defunti
9) il concetto
di famiglia include i figli di uno solo dei due (es. un vedovo, un divorziato)
10) il concetto
di famiglia non include necessariamente i figli nati dalla coppia (che prima o
poi se ne vanno)
11) il concetto
di famiglia non esclude che l'uomo e la donna abbiano relazioni con altre
donne/uomini e uomini/donne ecc.
12) il concetto
di famiglia non esclude necessariamente tutti i figli nati solo da quell'uomo e
solo da quella donna
13) il concetto
di famiglia precede necessariamente, anche dal punto di vista storico, il
concetto di matrimonio
14) il
matrimonio è un fatto giuridico storicamente determinato a cui si ricorre
volonotariamente
15) le forme
giuridiche del matrimonio sono molte e relative a diversi fatti e contesti culturali
16) vi sono
forme giuridiche di matrimonio che sanzionano o contraddicono altre forme
giuridiche di matrimonio
17) alcune
forme giuridiche di matrimonio non possono essere annullate
18) vi forme
giuridiche di matrimonio che contrastano e talvolta sanzionano almeno uno dei
punti 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14, 17.
Da queste affermazioni, deriva che la differenza sostanziale tra famiglia e matrimonio è che
la famiglia si basa su scelte affettive, mentre il matrimonio si basa sul sesso,
anche se, nelle formule di matrimonio a me note, il sesso non viene mai citato
esplicitamente. Vi si allude. Vediamo i casi del matrimonio secondo il Codice
Civile, che ammette il divorzio, e secondo il diritto canonico romano, che non
ammette il divorzio.
Codice Civile: "Dal
matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e
materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla
coabitazione".
Rito cattolico:
“prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e
nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
Entrambi i riti
vincolano gli sposi alla fedeltà, cioè li obbligano a non fare sesso con altri.
È possibile impegnarsi su questo, perché la fedeltà dipende da un atto di
volontà. Se rinuncio a questa volontà, c'è una conseguenza giuridica civile (l'altro
può chiedere il divorzio) e c'è un conseguenza giuridica canonica (l'altro può
chiedere l'annullamento del matrimonio).
Andiamo avanti:
nel rito cattolico compare l'amore: "prometto... di amarti e di
onorarti". È una perfidia, perché la
Chiesa fa promettere una cosa che si può promettere (la fedeltà) e subito dopo,
come se fosse una normale conseguenza dell'ormai lontano "prometto", una
cosa che non si può promettere: non si può promettere di amare, perché l'amore
non è un atto di volontà.
Se la saggezza popolare dice "al cuor non si
comanda", il Catechismo della Chiesa Cattolica non riesce a dir meglio di
così: "L’amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà
inviolabile. È questa la conseguenza del dono di se stessi che gli sposi si
fanno l’uno all’altro. L’amore vuole essere definitivo" (1).
"Vuole". Vuole?
Vuole, ma volere non è dovere e infatti non esiste
una sanzione canonica per chi non ama più il suo coniuge. Del resto, non sarebbe
possibile dimostrare che uno dei due non ami più l'altro, se non lo confessa
lui stesso. Ma anche se lo confessasse, c'è sanzione? Se ci fosse, nel sistema
peccato-assoluzione ci sarebbe la possibilità dell'assoluzione, per esempio con
una nuova promessa ad amare. È un loop. Non si può imporre l'amore.
Sarà forse per questa intriseca contraddizione che il rito cattolico aggiunge astutamente "e onorarti". Sarebbe inutile
logicamente, perché chi ama onora amando. Ma c'è, per indicare la via d'uscita
a chi non ama più: almeno onoratevi, cioè, visto che non potete divorziare,
rispettatevi tra voi e mantenete le apparenze in pubblico ("guai all'uomo
per colpa del quale avviene lo scandalo!", Mt 18, 7).
Il diritto
canonico non ammette il divorzio ma ammette l'annullamento. Tra le cause di
annullamento vi è quella del cosiddetto "matrimonio non consumato",
un eufemismo sessuofobico che è sessuofobico anche nella sua traduzione: il
matrimonio è "consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro, in
modo umano, l'atto per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il
matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una
sola carne" (2). È molto
interessante questa espressione perché dice che il matrimonio si realizza solo
quando avviene l'accoppiamento. Appunto. È il sesso che fa il matrimonio, non l'amore,
che con il sesso c'entra fino a un certo punto, e non è un requisito.
È dunque il
sesso che interessa al legislatore, civile o canonico che sia. Se la scelta del
matrimonio religioso è personale, l'altra riguarda tutti. Ci sarebbe allora da
chiedersi perché il legislatore civile ponga la questione sessuale tra i fatti
giuridici che regolano una coppia nel momento in cui si sposa, cioè imponga a
chi si sposa di dichiarare pubblicamente di fare sesso solo con quella persona
(per fortuna, abbiamo Raffaella Carrà).
Che la Chiesa
sia sessuofobica passi, ma perché lo Stato deve esserlo e deve sanzionare le
trasgressioni sessuali? Un pasticcio, le
cui radici storiche (venne prima il matrimonio cattolico di quello civile)
stanno a dimostrare il condizionamento che la cultura cattolica ha esercitato e
ancora oggi esercita sulle regole civili della nostra società, non ancora del
tutto laica.
Il risultato è che
il matrimonio restringe il concetto di famiglia, quello sì basato certamente su
scelte affettive e non necessariamente sul sesso. Se per incanto sparisse il
sesso dal Codice Civile (eliminando l'obbligo alla fedeltà o escludendo dalla
fedeltà la fedeltà sessuale), ogni famiglia, comunque composta, potrebbe
accedere ai fatti giuridici riservati ora solo agli sposi.
Ciò detto:
- non capisco a che cosa si riferiscano esattamente coloro che parlano di famiglia tradizionale o di matrimonio tradizionale. Non sono la stessa cosa, non sono immutabili nel tempo, non sono univocamente interpretati;
- non capisco che cosa ci sia di liberale nel voler sancire un 'matrimonio' tra due persone dello stesso sesso, stante la questione sessuale nell'attuale legislazione.
Per il momento,
la nostra società esalta il sesso al punto da dargli rilevanza giuridica ma,
esaltandolo, lo limita, lo sottopone a regole e lo espone a ogni tipo di
giudizio morale, mostrando un insano interesse pubblico per le questioni
private.
Note
1)
Catechismo della Chiesa Cattolica, La celebrazione del mistero cristiano, Il sacramento del matrimonio, Articolo 7.
2) Codice di Diritto Canonico, Can. 1061.
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