giovedì 23 novembre 2017

Recensione a "Il libro dei poveri" di Jarek Mikołajewski


I seguaci della poesia possono nuovamente accostarsi ai versi di Jarosław Mikołajewski, grazie all’editore LietoColle (Faloppio, Como) che pubblica ora il Libro dei poveri, tradotto da Silvano De Fanti, già traduttore della raccolta Uccisioni per amore e del romanzo Tè per un cammello, ovvero I casi e i casini dell’investigatore McCoy (entrambi editi da Editrice Forum, il primo nel 2008, il secondo nel 2014, con la prefazione di Andrea Camilleri).

Mikołajewski, nato a Varsavia nel 1960, è ben noto ai polonisti italiani e, naturalmente, in Polonia, come docente di Lingua e Letteratura Italiana all’Università di Varsavia, direttore dell’Istituto Polacco di Cultura a Roma, elzevirista per Gazeta Wyborcza (il principale quotidiano polacco), narratore (anche per bambini), saggista, traduttore di un’infinità di autori italiani (Dante, Petrarca, Leopardi, Collodi, Montale, Ungaretti, Luzi, Pavese, Pasolini, Penna, Rodari, Eco, Merini).

dagli appunti del traduttore
in leopardi il mare che sommerge
la gente è un mar
commosso
se non scrivo che era agitato
mi fanno a pezzi
e se invece
traducessi che era
commosso?
farei male?
magari commosso per l’uomo
che sta sommergendo
eppure proprio questo fa
chi traduce
in quel che noi siamo
ma che cosa traduce
e da quale lingua?
conosciamo solo
la traduzione
chi eravamo
prima che traducesse?

Mikołajewski appartiene alla generazione successiva a quella dei vari Czesław Miłosz, Wisława Szymborska, Julia Hartwig (che ispira Lettere a un’amica), Zbigniew Herbert ecc., con i quali, nel corso della sua ormai piuttosto lunga e prolifica carriera (dal 1991 ha pubblicato, con questo, 12 volumi di versi), ha stabilito un dialogo denso e difficile, perché soprattutto stilistico
La poesia di Mikołajewski è cosa intima, e questa intimità, che in passato era ulteriormente protetta da una versificazione decisamente ermetica, ora si lascia cogliere, un po’ come quella di Wisława Szymborska, che mi appare in questo momento il gigante con il quale Mikołajewski stia segretamente dialogando, in particolare di umorismo, qualità rarissima nella poesia italiana.Ne vengono fuori versi fulminanti, che non perdono la loro forza in traduzione (De Fanti è bravissimo):

da avvertimento
essere reliquia è contagioso
ma non come l’influenza

Naturalmente, l’umorismo veste un umor nero e, talvolta, una vena irriverente nei confronti di Dio (e per questa via, insofferenza per il cattolicesimo troppo spesso bigotto della sua Polonia):

errore teologico
non dio è amore
ma amore
è dio amen

una non conversazione
la mia maturazione verso dio
si rivelò un suo
avvicinarsi a me
ci incontrammo al crocevia
alla fermata sulla superstrada
[…]
lo riconobbi dalla sua nevrosi
da stress creativo
nel caffè non volle
entrare
mi spiegò che era
un personaggio pubblico
che non avrebbe lasciato il triangolo al guardaroba
e che sulla barba
gli sarebbero rimaste le briciole della torta di mele
che sull’istante acquistano
significati metafisici
[…]
non si può negare che in origine
fossimo interessati
l’uno all’altro.

Se la poesia polacca è il naturale riferimento stilistico, forse più importante per la formazione, il gusto e il sentimento di Mikołajewski è l’amore per l’Italia e la sua cultura, come mostrano questi versi emozionati e toccanti, che mi paiono il miglior invito alla lettura:

avere o non avere
dicono che sia un bene
avere qualcuno
ma in un giorno
come questo in cui cammino
ad amatrice
penso
che sia un bene
non averlo
ma non averlo
prima che
soprattutto durante
perché subito dopo
è di nuovo un bene
averlo
anche se preavvisano
che ritornerà
*
amatrice
amatrice
amo
amas
amat
amatrice
è un’amatrice
[…]
amatrice
è colei che ama
ma non
un’amante
a meno che non
ami con diletto
la forma corretta
del nome beatrice
[…]

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