giovedì 25 febbraio 2016

Cattolici ultra laici e omosessuali ultra cattolici

Avevo appena finito di scrivere un articolo in cui sostenevo che la gran differenza tra famiglia e matrimonio era determinata dal sesso, e che l’accento sul sesso avesse un’ascendenza precisa nella sessuofobia cattolica, che un fatto nuovo mi spinge a tornare sull’argomento.
È successa una cosa comica e semplicissima: che i cattolici, ben presenti in questo come in qualsiasi altro governo italiano fin dall’origine dei tempi, sono riusciti a differenziare le unioni civili dal matrimonio. Per farlo, non hanno trovato di meglio che far espungere dalla legge sulle unioni civili l’obbligo della fedeltà, che presuppone, come dicevo nell’articolo precedente, che il matrimonio si fonda sul sesso.
Dall’altra parte, gli omosessuali, che si ispirerebbero a principi liberali per vedere riconosciuto il loro diritto a costituire una famiglia, hanno cominciato a strepitare perché la loro unione non sarà così equiparata al matrimonio.
Cominciamo dai cattolici. I cattolici, dal Concilio di Trento in poi, hanno regolato il matrimonio fondandolo, come Sacramento, sulla legittimazione del sesso esclusivamente tra uomo e donna esclusivamente in funzione procreativa, secondo il disegno di Dio. Trattandosi la Chiesa di una diciamo associazione privata, liberissimi. 
Il problema nasce quando lo Stato italiano deve regolamentare il matrimonio. Molti anni fa, qualcuno, venuto a sapere delle regole tridentine e delle successive modificazioni e integrazioni, vi si ispira, le propone, piacciono, vengono votate e approvate. Sicché, come dicevo nel surricordato articolo, anche per lo Stato il matrimonio si contraddistingue da qualsiasi altra aggregazione familiare per il fatto di regolamentare il sesso tra uomo e donna e farne questione di rilevanza giuridica, tale per cui, per esempio, l’infedeltà (= adulterio) è causa di divorzio.
Ma lo Stato Italiano va ben oltre. Infatti, mentre la Chiesa considera solo peccatori coloro che esercitano il sesso al di fuori dell’unica forma lecita, lo Stato Italiano non ammette alcun concetto di famiglia che non sia sancito dal contratto matrimoniale. Sicché, nella nostra mai abbastanza venerata Costituzione, il nostro paese supera la Chiesa a destra (o a sinistra, fate voi), poiché sta scritto (art. 29): “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Vietato ridere (poi c’è qualcuno che si stupisce e si indigna di come gli islamici trattano le donne, gli adulteri e gli omossessuali).
In questa parossistica situazione, viene avanti negli anni scorsi la rivendicazione degli omosessuali relativa agli aspetti giuridici della loro convivenza, a cui casi famosi danno voce (es. Lucio Dalla). Sicché, per esempio, perché mai il mio compagno non potrebbe beneficiare dell’assegno di reversibilità quando io dovessi premorire? E così via per ogni aggiornamento legislativo che riguarda i diritti degli sposi (es. le adozioni, che comunque non mi interessano qui).
Com’è come non è, la battaglia degli omosessuali diventa una battaglia per i diritti civili, liberali. E via con le lagne politically correct, del tipo “che paese incivile è l’Italia che non concede diritti liberali ai diversamente erotici” (rivendico il copyright per “diversamente erotici”). Tutto bene, diciamo, ma c’è un ma. Bisogna che gli omossessuali e i liberali si accordino sull’obiettivo. Perché non è detto che gli interessi coincidano. Un liberale vorrebbe limitare l’ingerenza dello Stato nelle scelte private (nel sesso, come nella libertà d’impresa). Un omosessuale? Non saprei, ma posso benissimo pensare che ci siano anche omosessuali cattolici, come molti preti, per esempio. Diciamo che la sessualità e la filosofia e le scelte etico-religiose non si implicano necessariamente. Ma andiamo avanti. 
Accade che gli omosessuali – voglio dire i loro rappresentanti o, come direbbero i cattolici, la loro lobby – facciano delle loro rivendicazioni una questione di diritti liberali. Bene, per carità. Però, essere liberali richiede una certa attenzione, altrimenti passa per liberale chiunque dica di esserlo, anche D’Alema. Un liberale, in tema di sesso e famiglia e matrimonio dovrebbe avere le idee chiarissime: sesso come quando con chi dove e come voglio; famiglia: cavoli miei; matrimonio: cavoli miei e se anche mi sposo in chiesa, chissenefrega: cavoli miei.
Ma, certamente, se un liberale sapesse dovesse analizzare il matrimonio secondo il Codice Civile non si troverebbe rappresentato, in quanto il matrimonio civile non ha nulla di liberale, al momento, perché ricalca, nella sostanza, il matrimonio cattolico, sessuofobico ed escludente.
Pertanto, una battaglia congiunta tra liberali e omosessuali avrebbe dovuto prevedere, secondo logica ma addirittura secondo buon senso, una modifica del matrimonio civile, umiliante in se stessa persino per l’etero, in modo da consentire agli omosessuali di vedere riconosciuto il loro diritto ad alcune prerogative giuridiche dalle quali erano esclusi per via della loro sessualità. La modifica principale da rivendicare sarebbe dovuta essere quella di eliminare la discriminante sessuale quale caratteristica del matrimonio. Levata quella, il matrimonio non sarebbe stato per nulla diverso da una unione civile tra omosessuali.
Contro questa prospettiva, secondo logica e persino secondo buon senso, si sarebbero dovuti muovere come un solluomo tutti i cattolici, a salvaguardia dell’esclusività del matrimonio come fatto sessuale tra uomo e donna eccetera.
Invece è accaduto esattamente il contrario. I cattolici esultano per aver eliminato dalla nuova legge il riferimento all’obbligo della fedeltà (cioè il riferimento al sesso), tale per cui la legge sulle unioni civili è un mero contratto tra persone. E gli omosessuali protestano, come se ora volessero che lo stato sancisse, alla cattolica, la loro sessualità come discriminante del concetto di unione civile.
Tra cattolici e omosessuali, i secondi guadagnano quel che volevano, sia pure a scapito della loro dignità (liberale), ma i primi perdono tutto, perché, alla fin delle fini, l’Italia si è dotata di una legislazione tra virgolette matrimoniale che esclude il sesso come discriminante.
Che lo volesse e sapesse o no, complimenti a Renzi. E grazie.
Ma chissà se, dopo i complimenti, vorrà sorridere per le conseguenze: a darci dentro tocca ora agli etero: che anche dal matrimonio civile sia tolto l’obbligo di fedeltà e, con esso, il rimasuglio del Concilio di Trento e il condizionamento cattolico nello stato laico. Le chiamano, aiutami a dirlo, pari opportunità.

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